“Dov’è Ciham?”. Amnesty rilancia la petizione. Anche l’Italia faccia la propria parte con l’Eritrea

Quando è stata arrestata, l’otto dicembre 2012, aveva appena 15 anni. Tra pochi giorni, l’undici aprile, ne avrà 24. Negli ultimi otto anni, da quando è stata gettata nel buio di una galera in Eritrea, non si è saputo più nulla di lei. E’ la storia di Ciham, una ragazzina piena di sogni diventata donna in carcere. Una storia emblematica che riassume quella di migliaia di altri prigionieri fatti sparire dalla dittatura di Asmara. Nata a Los Angeles, e dunque cittadina americana oltre che eritrea, Ciham è la figlia di Ali Abdu, un personaggio politico importante, tanto da arrivare a ricoprire l’incarico di ministro degli esteri, ma che nel tempo ha progressivamente preso le distanze dal regime di Afewerki, fino a contestarlo apertamente e a imboccare la via dell’esilio. L’arresto di Ciham è arrivato poco dopo questa scelta del padre: stava tentando a sua volta di uscire dall’Eritrea, ma è stata bloccata al confine con il Sudan. Da allora è diventata come un fantasma. Sparita. Segregata come detenuta “incommunicado”, non le è mai stato permesso alcun contatto nemmeno con i familiari più stretti. Anzi, il regime non ha mai detto neanche in quale galera si trovi. Né ha mai fornito la minima notizia sul suo stato di salute. Amnesty International ha sollevato il caso nel 2018, lanciando un appello per chiedere ad Asmara di chiarire quale sia stata la sorte di Ciham in tutto questo tempo. Di dire almeno se sia viva o morta. Sono state raccolte migliaia di firme. Risposte non ne sono arrivate. Ora, mentre sta per compiere 24 anni, Amnesty rilancia la campagna “Where is Ciham”, con una petizione rivolta al segretario di stato americano Antony Blinken, perché siano gli Stati Uniti, in forma ufficiale, a chiedere conto di questa terribile vicenda al regime eritreo. Tanto più che Ciham è cittadina americana. E, per dare più forza e risonanza all’iniziativa, sta organizzando una grande festa di compleanno virtuale per Ciham l’undici aprile, domenica prossima. All’iniziativa saranno presenti la famiglia di Ciham, amici, artisti, poeti, ma chiunque potrà partecipare, da tutto il mondo (per informarsi e collegarsi: https://www.amnesty.org/en/get-involved/take-action/eritrea-where-is-ciham-ali/.

C’è da credere che Washington farà la propria parte. Ma è certamente importante che anche l’Italia si senta coinvolta: per i suoi antichi rapporti con l’Eritrea e per la “linea di credito” che, più di altri Stati occidentali, ha voluto aprire ormai da anni a vantaggio del regime di Afewerki. E’  una “linea di credito” a dir poco strana, da cui la dittatura ha tratto forza e che finora non ha posto ad Asmara la minima condizione nemmeno per il rispetto dei diritti umani e per la sorte dei prigionieri politici. Il Coordinamento Eritrea Democratica ha denunciato più volte questa scelta italiana di “apertura a occhi chiusi”. E non ha mancato di riparlarne con forza nell’ottobre 2018, in occasione della visita ufficiale ad Asmara del premier Giuseppe Conte, che si è fatto vanto di essere stato il primo capo di governo occidentale a guidare una missione in Eritrea dopo l’accordo che ha posto fine alla guerra ventennale con l’Etiopia. La campagna di Amnesty per Ciham era stata lanciata da Amnesty pochi giorni prima di quella visita di stato. A Conte – allora al governo con la Lega – la diaspora eritrea in Italia ha così chiesto di riservare un piccolo spazio, per Ciham e per gli altri detenuti spariti, nei colloqui in programma con Afewerki e la leadership eritrea. Non è arrivata risposta alcuna. E d’altra parte non risulta che Conte abbia fatto cenno alla questione. Nulla anche dopo la successiva missione diplomatica ed economica ad Asmara guidata nel dicembre 2018 dalla viceministra degli esteri Emanuele Del Re. Sono passati da allora più di due anni. A Palazzo Chigi non c’è più Conte, che ha esaurito anche il suo secondo governo, quello con il Pd. Ma quella “apertura di credito” in favore di Asmara resta: era iniziata prima del 2018 e continua tuttora. Completamente al buio, come è sempre stata, senza porre alcuna condizione preliminare inderogabile al regime. E allora il Coordinamento Eritrea, partendo dalla nuova campagna di Amnesty, rilancia al premier Draghi e al suo governo la richiesta fatta a Conte: nei suoi rapporti con l’Eritrea l’Italia riservi un piccolo spazio a Ciham e agli altri prigionieri desaparecidos. Basterebbe, per iniziare, anche solo manifestare la solidarietà e il sostegno di Roma all’eventuale azione promossa dagli Stati Uniti. Si è parlato spesso di “discontinuità” tra l’attuale governo italiano e quelli precedenti, per costruire un “Paese migliore”. Ecco, occuparsi di Ciham sarebbe un bel segnale di discontinuità. Anche in nome dei saldi, ultrasecolari legami tra il popolo italiano e quello eritreo.

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